Un addio a Bradbury, folle viaggiatore dello spazio-tempo

Un addio a Bradbury, folle viaggiatore dello spazio-tempo

Può morire chi è immortale? Sì, quando viene dimenticato, perché, come insegnano gli antichi, l’oblio è l’unica morte vera e definitiva. E’ questo il significato del Ricordo, del “Ricordiamo” del grande Fahrenheit 451 e di tanti racconti di Ray nei quali gli Uomini e i Maestri si dissolvono, spazzati via e uccisi dall’ignoranza senziente del potere e della scienza logica.

Ma il ricordo non può essere negli e degli oggetti, perché non è attributo del possesso, ma dell’amore. Ed è questo l’insegnamento più grande che riceve nel suo percorso di iniziazione il pompiere Montag. I libri che leggiamo, i film che vediamo, le canzoni che ascoltiamo possono entrare a far parte di noi, diventando un tassello del nostro essere e del nostro voler essere, nel momento in cui ne assorbiamo, oltre le parole, l’essenza, ed attraverso loro noi ricordiamo e recuperiamo all’esistenza coloro che le hanno scritte, pensate, sognate in un collegamento spirituale e spiritico in cui l’oggetto è soltanto, necessariamente, un medium.

Per questo motivo non ha senso aggrapparsi  al libro come oggetto salvifico, per questo, alla fin fine, brucino pure i libri e tutti i simboli fugaci del sapere, l’importante è che l’Uomo, con tutto quello che ha immagazzinato nel suo percorso, riesca sempre a sfuggire ai falò improvvisati di chi teme, a ragione, il potere della trasmissione, comunque avvenga, della Conoscenza.

Perché soltanto quando un tale Uomo sarà morto tutto sarà davvero perduto.

In questo senso – e soltanto in questo senso – è possibile comprendere le identificazioni negli Autori dei personaggi di Fahrenheit e di tanti altri racconti e il loro messaggio rivoluzionario.

E allora, sia chiaro, io sono Ray Bradbury.

Perché da lui ho imparato che la vita è tempo e distanza solo se noi limitiamo a questo lo spazio del nostro pensiero e della nostra azione.

Che, in fondo, un oggetto è un oggetto soltanto nella nostra limitata percezione del suo scopo.

Che la logica è lo strumento con il quale gli adulti hanno scelto di estraniarsi e alienarsi in una realtà angusta, priva di emozioni e di comprensione empatica, in verità, ben poco reale.

Che la magia esiste, come l’amore, e che la vera follia è quella del cinico meccanicismo che ci fa sobbalzare di paura al solo pronunciare il loro Nome.

E che ogni volta che, con la scusa della ragione, coscientemente banalizziamo il mondo che ci circonda, per il suo tramite rendiamo un po’ più idioti e replicanti automi noi stessi e ci esponiamo allo sguardo derisorio dei bambini.

Che la vita è davvero un triste simulacro di esistenza se non siamo in grado di sorridere, amare, piangere, gioire e avere paura, sentire il formicolio di un brivido in una stanza buia all’improvviso sbattere di una finestra… e, per favore, che nessuno si azzardi ad accendere la luce!

Che si può vivere più profondamente volando a mezz’aria e camminando sull’acqua che mettendo un passo dietro l’altro con lo sguardo fisso a terra per paura di inciampare.

Che l’impossibile è possibile e non serve crederci, basta provarci. Perché in un mondo impossibile, incoerente, contraddittorio, l’unico senso che la nostra vita possa avere è per forza illogico e non saremo in grado di capirlo finchè non l’avremo vissuta fino ad affogarci dentro.

Un ultimo bicchiere di Amontillado amici cari, prima del rogo… con me muore un mondo intero. Un altro bicchiere, di grazia.

Ho preso per me e in me da Bradbury tante, troppe emozioni, immensi ricordi, che adesso ho difficoltà a contenerli, a trattenerli. Perché Bradbury stesso era un portale, una “metafora” che conteneva in sé mille Volti e mille Storie da raccontare in una spoglia serata d’autunno.

In fondo, potremmo esserlo tutti: se l’universo si distende su sé stesso all’infinito, perché non dovrebbe farlo l’Uomo? Non siamo forse tutti potenziali buchi neri, ipercubi, tesseract nei quali mondi su mondi vengono compressi, immagazzinati e ricreati al di là di ogni logica bidimensionale? E se scoprissimo, alla fin fine, come ci ha suggerito Bradbury, che a non autolimitarci troppo con la logica e la ragione ci accorgeremmo che in noi c’è molto più spazio di quanto  non pensiamo?

E allora anche grazie a Ray saremo la Macchina del Tempo, l’Astronave, i folli Viaggiatori delle dimensioni note e sconosciute dell’esistenza e avremo lacrime per riportarlo indietro e ricordi per richiamare i suoi mille mondi e Lui sopravvivrà eterno e immortale in noi e con noi fino alla fine del nostro tempo… e nessun rogo potrà mai bruciarlo… e bruciarci.

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