La genesi del Coronavirus è la fine della globalizzazione [Giorno 6]

La genesi del Coronavirus è la fine della globalizzazione [Giorno 6]

Assistiamo, dallo scoppio della pandemia, a un mutamento di quella che percepiamo come realtà, con una velocità impressionante, che lascia angoscia e paura nell’uomo comune e che spiazza anche l’osservatore più attento. L’immagine che viene in mente, anche perché indotta, è quella dello scienziato al microscopio che non riesce a tarare il suo strumento, perché ciò che osserva muta continuamente, come un virus appunto.

Così la politica, l’economia, ma anche i diritti cosiddetti inviolabili non sono più gli stessi di come li guardavamo ieri o sino a qualche ora fa.

Il tutto è aggravato o favorito, dipende dai punti di vista, dalla comunicazione, perché il CoViD-19, oltre ad essere un virus che pure ha una sua aggressività, è anche il virus della comunicazione che ormai è istantanea.

Se il Coronavirus avesse iniziato la sua corsa anche solo 20 anni fa, staremmo tutti verificando, magari inconsapevolmente, se questa teoria dell’immunità di gregge sia valida o meno, non avendo potuto avere il tempo di immaginare soluzioni diverse, come quelle messe in atto oggi, sulla cui validità non mancano voci critiche.

Ci saremmo svegliati una mattina, con il grido di dolore della bergamasca e poi, a seguire, consigli dei ministri, discussioni parlamentari, fax, gazzette ufficiali, telefonate tra capi di stato… e il virus avrebbe già fatto il proprio corso. Oppure i servizi segreti degli stati occidentali avrebbero fatto il loro lavoro, ma questa è ben’altra e più scottante questione.

Ma se questo è il secolo della comunicazione, come ebbe a dire Giovanni Agnelli, necessariamente è anche il secolo della narrazione, che di essa è corollario.

Mai come in questi giorni assistiamo, attoniti, ad una narrazione impazzita che, mentre da un lato ci conferma quello che già sappiamo, ovvero che gli attori e i divulgatori di questo tratto della modernità sono personaggi di scarso spessore, dall’altro ci svela l’enormità dell’evento che stiamo vivendo. L’evento nella sua totalità è troppo vasto e magmatico per essere letto nella sua interezza e quindi proviamo ad affrontare almeno un tema interessante: la narrazione della genesi del Coronavirus.

La verità dietro alle tesi complottiste

Nel giro di qualche settimana, le tesi cosiddette complottiste non solo sono diventate di pubblico dominio, ma addirittura terreno di scontro tra super potenze.

Chi, avendo passione per la politica e la geo-politica, non si limita a leggere la stampa istituzionale, ha notizie di questo virus almeno dalla seconda metà di gennaio e avrà letto, certamente, nei giorni successivi, di chi sostiene la genesi del virus per mano militare americana (o franco-cinese, ci sono due versioni); avrà letto dell’esercitazione e dei giochi militari che si sarebbero tenuti a Wuhan nel mese di novembre 2019 e  tutto il resto della narrazione cd. complottista.

In pratica, si tratterebbe di un attacco per far collassare l’economia cinese, nel medio e nel breve periodo, per interesse domestico statunitense. Qualcosa che ricorda la tesi dell’autoattentato per le Torri Gemelle nel 2001.

Bene, questa tesi, che è cominciata a girare già dai primi giorni di febbraio, dal 12 marzo è la tesi del partito comunista cinese, che accusa ufficialmente l’America di aver infettato prima la Cina e poi il resto del mondo. Seguirà, di lì a qualche giorno, la cacciata dalla Cina delle maggiori testate giornalistiche statunitensi.

In tempi normali avrebbe destato preoccupazione (o quantomeno dibattito) una così forte e repentina escalation di tensioni tra le due superpotenze più forti (e armate) del mondo, soprattutto perché una di queste accusa l’altra di aver commesso un attacco militare con un virus (il che è un’ammissione circa la possibilità di guerra batteriologica e crea un pericoloso precedente); ma gli italiani ascoltano solo il bollettino della Protezione civile delle 18.00 e quello che ci dicono i virologi.

“Lavatevi le mani”, il consiglio dei luminari

Sui virologi e sulla cd. comunità scientifica ci siamo già espressi. Non sono così bravi come dicono di essere. Non avevano previsto nulla. Ogni giorno cambiano idea su tutto e danno la sensazione di non sapere di cosa parlano. Passano più tempo in TV che in laboratorio. Hanno chiuso mezzo pianeta in casa e, insomma, diciamocelo con un po’ di ironia… era lecito aspettarsi qualcosa di più, in quanto non ci volevano i grandi scienziati dell’OMS, menti così elevate, per sapere che se non esci di casa non prendi il virus.

“Chiudetevi in casa e lavatevi le mani”, il mantra dei nuovi sacerdoti del culto scientifico, mentre gli altri culti secolarizzati si fermano; ai grandi professori e scienziati dell’OMS qualcuno provi a ricordare che una buona parte della popolazione mondiale non solo non ha una casa, ma neanche l’accesso a detergenti o all’acqua corrente.

La genesi del virus

Più interessante, invece, è ciò che questi luminari dicono sulla genesi del virus. Sembrano tutti concordi, anche quelli che hanno espresso posizioni eretiche sull’argomento, sul fatto che il virus non è nato in un laboratorio, tantomeno militare.

La tesi è espressa con toni poetici dalla virologa Ilaria Capua, che ci chiede di accompagnarla su una stella e guardare da lontano la nostra Terra e così vedere, astraendoci dalla realtà e dalla caoticità del nostro vissuto, cosa è successo e cosa sta succedendo al pianeta terra ed ai suoi abitanti umani.

E così, seduti su una stella, un’immagine che porta alla mente il Piccolo Principe di Saint Exupéry, vedremmo che il virus se ne stava per i fatti suoi dando fastidi limitati ai pipistrelli, ma che l’irruzione della megalapoli cinese nella giungla ha fatto incontrare due realtà troppo diverse che si sono contaminate. Questa contaminazione, frutto di una follia tutta umana, è poi salita su tanti aerei e, nel giro di pochi giorni, ha infettato il mondo.

L’immagine è potente. Seppur non espressa con la medesima suggestione è la tesi di tutti i virologi, eretici e non, da Galli, Tarro a Burioni, che concordano sul fatto che questa è la genesi del virus e non certo un’infezione voluta e creata in laboratorio. Questa è la narrazione della scienza di quello che sta accadendo nel mondo al tempo del Coronavirus.

La tesi sovversiva

Proprio questa tesi, la narrazione di questa tesi, svela la potenza del momento che stiamo vivendo, perché se riuscissimo a fermarci per un momento, se riuscissimo a sederci sulla stella di cui parla la famosa virologa, capiremmo che la vera tesi sovversiva, la vera narrazione complottista, rispetto al mondo che fino al paziente uno ci hanno imposto, è proprio la tesi ufficiale della scienza, perché seduti sulla stella noi vediamo la globalizzazione e il sogno neoliberista… sogno per alcuni, incubo per altri.

E se è vera questa tesi, ma spingiamoci a dire che poco conta ormai, se questa è la narrazione dell’origine dell’evento che sta cambiando il mondo, non sfuggirà che le risposte, ad emergenza finita, non potranno non essere simmetriche. Insomma, ci immaginiamo, ma in effetti già se ne parla, di rimanere confinati sul nostro territorio nazionale per 18/24 mesi. Probabilmente è quello che dovranno fare anche gli altri stati occidentali. Viaggeranno solo le merci? Niente più aperitivi per le capitali europee o trekking in Birmania. Falliranno le compagnie aeree low-cost, il fiore all’occhiello della globalizzazione… e tutto il resto che oggi non è neanche immaginabile e che non può lasciare sereni.

Sarebbe stato più facile e forse anche più logico dare la colpa a un determinato paese sulla genesi del virus. Sarebbe stato più logico, per difendere il modello di mondo che le pubblicità che ancora vediamo ora in TV ci impongono, assumere la tesi complottista e fanatica che è stata assunta dal partito comunista cinese e dall’Iran. L’emergenza sarebbe prima o poi finita, si sarebbero contati i morti, si sarebbe creata una moratoria internazionale sui laboratori, militari e non, che trattano virus e batteri e poi sottoscritto un trattato con tutti i leader del mondo (rigorosamente con le mascherine) un po’ come successe con il nucleare. Ma il modello della globalizzazione sarebbe rimasto vivo.

Tutto si capovolge e così chi ci sta dando gli ordini per non ammalarci, ci dice che il vero killer non è certo il Coronavirus, che mai avrebbe provato ad albergare nei nostri polmoni se non glielo avessimo concesso con un sistema di sviluppo folle, che mai sarebbe arrivato o comunque non questa velocità, da una città cinese a Codogno o a Monaco, se non avessimo traffici così intensi e non regolati.

I medici, la comunità scientifica, ci dicono che il killer è la globalizzazione e il neo liberismo, non il Coronavirus (definito da alcuni medici bergamaschi come l’Ebola dei paesi ricchi) e, di fatto, gli stessi medici hanno fermato nel giro di pochi giorni il pianeta intero e quindi la globalizzazione.

Qual è la narrazione complottista, quale quella mainstream? Non ci si cava un ragno dal buco.

Spunti per una riflessione e per altre mille che appaiono opportune e soprattutto salutari, per staccarsi dal virus della comunicazione, dalla paura che inevitabilmente arriva nelle nostre case (e per la quale dobbiamo avere rispetto) e per far finta per qualche minuto di non dover ascoltare quello che accade a Bergamo. Perché sì, in maggioranza saranno pure solo vecchietti. Ma sono i nostri vecchietti.

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